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Appare doveroso iniziare la rubrica delle interviste partendo dal Presidente, l’immarcescibile Mario Matassi. Entusiasta. Aulico. Mai banale. (ci perdonerà per aver fatto nostro il suo personalissimo stile descrittivo…)


«Presidente, di recente abbiamo assistito alla presentazione del libro di Flavio Pressacco, nella quale lei e il Professore avete portato alla memoria vecchi ricordi di un basket lontano, e non solo nel tempo. Come ricorda quel periodo?»

Il ricordo è ancora molto vivo (come si è desunto, spero, anche nell’incontro sopracitato). Le pulsioni sono meno virulente. Gli slanci tradotti nel linguaggio della senescenza. La presenza sempre più rarefatta. E, comunque la si metta, mi tocca riscontrare che il Presidente dell’ABC è lo stesso. Il che si può leggere in molti modi.

«A suo avviso come è cambiato il basket (e più in generale lo sport) nel corso di questi anni? In cosa è migliorato e in cosa è peggiorato?»

La spettacolarità (a tutti i costi); la dipendenza dai media; la superficialità nei giudizi; l’ossessione del confronto; l’inesorabile avanzata di altre discipline sportive (meno male!) che rende più arduo l’approvvigionamento economico (purtroppo!); il contesto culturale, più evenescente; la partecipazione popolare, meno pregnante; la difficoltà di ricambio generazionale (peraltro riscontrabile dappertutto, anche nei reparti di ginecologia e ostetricia); la frenesia (anche in campo) e la sostanziale mancanza di lungimiranza, di legame profondo alle radici… Mi fermo qui, per non rischiare di finire l’intervista a fine campionato.

«È da un po’ che lei ed alcuni suoi collaboratori vi dite stanchi di “tirare la carretta”. Quel ricambio generazionale da voi auspicato stenta però ad arrivare. Cosa consiglierebbe a un giovane appassionato di sport che volesse buttarsi nella mischia?»

Mai detto di “essere stanco di tirare la carretta”. Piuttosto, anche prima che mi succedesse l’ultimo guaio, sottolineavo la possibilità di “passare la mano” a chi volesse apportare qualche novità (anche anagrafica). La mia protrazione d’incarico è stata resa plausibile da un gruppo di persone, che hanno saputo lavorare al meglio (pur con i limiti, inevitabili, che si vogliono assegnare) con passione autentica e capacità di dare continuità al proprio impegno. Qualche tentativo d’inserimento “in itinere” è stato fatto (e si vede). I 30/40enni han fatto qualche cauta avance; hanno annusato l’aria; hanno avuto dei contatti; ci sono, anche, a livello di ruoli vari, ma altra cosa è, evidentemente, la responsabilità della firma. Non posso, però, dimenticare e sottacere che la mia prima presidenza (1970) è coincisa con i miei venticinque anni. E io venivo dal calcio (giocato, bene). Se un giovane, che si apre alla maturità (e ce ne sono, anche nelle trame attuali dell’ABC) ha una vera passione sportiva, in particolare legata alla sua storia di atleta e sostenitore della pallacanestro, ed è dotato di una buona dose di “francescana irresponsabilità” dovrebbe provare a fare il “terzo tempo”.

«Un pensiero ai giocatori, soprattutto a quelli più giovani. Tutti gli addetti ai lavori si lamentano continuamente che “non ci sono più i giovani di una volta”. Ritiene che sia vero, oppure lo si diceva anche trent’anni fa?»

I giovani (li conosco, ultimamente, poco, però) ci sono. Ma sono di un altro pianeta, se li rapportiamo a quelli dei primi anni Sessanta. L’estrazione è un po’ diversa. La condizione intellettiva senz’altro più elevata. La consistenza fisico-atletica più evidente. Semmai è il back-ground psicologico più evanescente e velleitario. Allora, non si poteva dire così (“non ci sono più i giovani di una volta”) perchè prima di noi era “saltata” un’intera generazione. Comunque, bisogna aiutarli e crescere, insieme.

«Presidente, lei è famoso nell’ambiente per la sua arte oratoria e la “bella favella”. Ci lasci con un pensiero “alla Matassi”…»

«Se a ciascun l’interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti, ohimè, che invidia fanno, ci farebbero pietà»: non è Matassi, ma Trapassi (Pietro, detto il Metastasio).

«Grazie Presidente, a nome di tutta l’ABC!»

Vi saluto. Grazie a voi per la bella iniziativa. Vi auguro buon lavoro: comune, concorde, fruttuoso.